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Una vista su una parte dell'edificio di Google, recante la scritta del marchio.

Google, wh(ads) up?

Da non molto tempo è iniziato lo storico processo intrapreso dal governo degli Stati Uniti d’America contro Google per abuso di posizione dominante, come nel caso della ricerca online. Stanno emergendo dettagli a cui prestare attenzione, ad esempio per quanto riguarda l’attività di advertising e il metodo di guadagno utilizzato dal marchio.

Cosa sta succedendo?
E quali implicazioni potrebbero esserci per la comunicazione e il marketing delle aziende?

Una mail per domarli

Attualmente, Google detiene il monopolio nel campo della ricerca online, ma ciò per il governo americano non rappresenta un problema in quanto il monopolio non è considerato illegale. Ciò che viene contestato, invece, è l’abuso che l’azienda fa della sua posizione dominante in ottica di un maggiore profitto, anche a svantaggio degli utenti.

Ma come? Google mette prima il denaro rispetto all'utente? Non era nella sua mission avere proprio l'utente al centro?
Certo, non ci stupiamo che voglia massimizzare i propri incassi, d’altra parte non si tratta di un ente benefico ma di un'impresa.
Però esiste sempre un confine dato da un’etica di fondo.

Di fatto in cosa consisterebbe questo abuso?
Andiamo con ordine. 

Sul sito web del Ministero della Giustizia americano, nella sezione che riguarda la Divisione Antitrust, sono riportati i documenti che riguardano il processo in questione, in modo da renderli pubblicamente accessibili. Fra di essi compare una mail datata 2019 che merita particolare attenzione.

Riassumendo il testo, vediamo il team di Google Ads scrivere al team di Google Chrome per due motivi.

Il primo è una richiesta: una funzionalità di ricerca su Chrome sta generando meno query (e quindi meno profitto) del dovuto, si chiede di effettuare un rollback per riportarla allo stato originale. 

Peccato che fosse una funzionalità utile per l’utente perché in grado di farlo navigare più velocemente, ad esempio consigliando direttamente un dominio in base ai caratteri digitati nella barra di ricerca. Dopo il rollback, invece, ogni ricerca effettuata diventa una ricerca di Google: qualsiasi cosa tu voglia cercare su Chrome, verrai ricondotto al motore di ricerca di Google e dovrai cercarla a partire da lì.
E i primi risultati che troverai saranno quelli sponsorizzati, anche nel caso in cui a essere cercato sia il nome di un brand anziché una parola chiave qualsiasi. Tradotto? La probabilità di guadagno da parte di Google grazie alle aziende si alza, e non poco!

In seconda battuta, il team di Ads informa il team di Chrome del fatto che, assieme al team di Search che legge in copia, sta lavorando a un layout per mobile che porti un guadagno maggiore. Questo dopo che Google, già da tempo, ha aumentato la tassazione lato Ads del 10%, senza però comunicarlo agli advertisers

Fra i lettori in copia della mail c’era Prabhakar Raghavan, la persona al tempo a capo di Google Ads: dall’anno successivo avrebbe occupato la posizione di vertice anche del settore Search. Questo fatto, l’aumento dei profitti derivati dall’advertising e il contenuto della mail rivolta al team Chrome ci raccontano come Google abbia messo in piedi una struttura in cui Search, Chrome e Ads puntano in maniera sinergica alla massimizzazione del guadagno del marchio, mettendo tutto il resto in secondo piano. Anche l’utente.



Perché ci vuole etica

È vero che Google è un’azienda e che, come tale, ha come obiettivo quello di impostare delle attività che la facciano guadagnare di più.
Ciò dovrebbe comunque avvenire in maniera trasparente e corretta, e soprattutto con l’utente al centro, come predica una delle sue dieci verità. 

Anche perché, oltre ovviamente ai produttori di contenuti organici, lavorando in questo modo con l’advertising si arreca danno anche a chi il proprio sito lo sponsorizza!

Facciamo un esempio: un utente sta cercando un servizio fornito da una certa azienda e trova come primo risultato della sua ricerca la sponsorizzazione di un altro brand. Ciò potrebbe dirottare la sua ricerca sul sito sbagliato. Per evitare di perdere le potenziali visite al proprio sito web, la prima azienda dovrà accrescere i propri investimenti sulla sponsorizzazione sperando che basti a posizionarsi come si deve, e questo anche nel caso di un sito già sponsorizzato! Sono tutti soldi che probabilmente non avrebbero bisogno di essere spesi dalle aziende in favore di Google.

Ciò che viene contestato a Google in termini di abuso di posizione dominante riguarda questo indebolimento generale dei competitor, che nel tempo va a discapito dell’innovazione.

Cosa fare?

Di fronte a una situazione del genere non ci si può che interrogare sul da farsi.
Smettere di utilizzare Google di punto in bianco non è la soluzione: a che servirebbe?
È altrettanto vero che non si può neanche fare finta di niente mentre stanno accadendo queste cose. Ecco che quindi appare fondamentale parlare, aggiornarsi, tenersi informati sulla questione. Lavorare nel digitale richiede un’etica dalla quale non si può prescindere.

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